E' una vecchia filastrocca.
Di quelle che si insegnano sui banchi di scuola, alle elementari. L'ho imparata attorno ai sette anni. E mi è tornata in mente per caso -mentre me ne andavo in giro in città, fra giostre, coriandoli sbiaditi e stanchi e mascherine che non so nemmeno cosa riproducano- e mi è sembrato carino inserirla.
Non sapevo (o forse non ricordavo) che fosse di D'Annunzio.
Però. Però è bello. Perchè anche i seriosi autori otto-novecentesci almeno per una volta all'anno si lasciavano andare. Con una punta di tragicità malinconica che non guasta mai.
E questa piccola filastrocca, bella pulita e semplice, contiene un qualcosa in più che mi lascia a fissare con un mezzo sorriso le luci e i colori.
Carnevale vecchio e pazzo
Gabriele D'Annunzio
Carnevale vecchio e pazzo
s'è venduto il materasso
per comprare pane, vino,
tarallucci e cotechino.
E mangiando a crepapelle
la montagna di frittelle
gli è cresciuto un gran pancione
che somiglia ad un pallone.
Beve, beve all'improvviso
gli diventa rosso il viso
poi gli scoppia anche la pancia
mentre ancora mangia, mangia.
Così muore il Carnevale
e gli fanno il funerale:
dalla polvere era nato
e di polvere è tornato.