Alzi la mano chi non ricorda il gatto di Alice.
Quel gattone a strisce con un sorriso grande grande che fa correre un brivido lungo la schiena. Perchè chi ride troppo è sempre un po' inquietante. Ebbene: quel gatto sornione, dondolante, tanto sicuro nella suo sconclusionata favella, é inquietante.
Perchè dice la cosa più giusta ovvia del mondo. Ricordate?
"In quale direzione devo andare adesso?" chiede Alice.
"Dipende molto da dove vuoi arrivare" risponde lo Stregatto.
E mai risposta fu più appropriata e magistrale.
Come si fa a decidere la strada se non hai la meta? Si può lanciare in aria la classica monetina e come và và. E non è del tutto un modo da disdegnare. Ci avete mai provato? Io sì! E vengono fuori dei percorsi alquanto inaspettati. (Per carità! Non mi sono certo messa a girare l'Italia con un sacchetto di monetine in mano -perchè regolarmente uno o due si possono perdere-; ma qualche giretto in campagna così certo che l'ho fatto. Soprattutto da bambina).
Dunque: le monetine sono utilissime, ma lo scopo è il viaggio, non l'arrivo. Da non disdegnare, assolutamente mai. Ma in un racconto o in un tema non si procede di molto.
In un racconto si deve avere ben chiaro qualcosa. In primis quel qualcosa.
Perchè se ci si mette davanti ad un foglio senza le idee (chiare- o almeno vagamente adombrate nella nebbia) si rischia di girare e girare e contribuire all'aumento del disboscamento mondiale e alla produzione di inchiostro. Ma una storia sensata non ne esce. Proprio no.
Ci vuole una cartina, ecco.
Una bella cartina (possibilmente SEMPLICE. Perchè di tempo per complicare le cose ce n'è sempre molto. Anche una strada di dieci minuti), con nomi di capoluoghi, paesini e qualche noticina morfo-idrologica che fa capolino qua e là. Giusto per ricordarsi che c'è qualcosa, oltre la sctriscia d'asfalto (inchiostro).
In termine "tecnico" si chiama SCALETTA. Ed è l'incubo dei ragazzi in età compresa fra gli undici e i diciannove anni. Era anche il mio incubo personale. Perchè mi mettevo con le migliori intenzioni e poi, puntualmente, se avevo deciso A usciva B. L'unica cosa positiva era che usciva qualcsa di sensato. E piano piano ho messo a posto il problema, ormai.
Cicerone insegnava bene, e con lui la retorica antica: MAI parlare, se non sai davvero cosa dire. in caso contrario, meglio un dignitoso e composto silenzio (che evita anche colossali figuracce). Allora c'erano inventio, dispositio, elocutio, actio e memoria. E scrivere e recitare un testo era uno spettacolo, nel vero senso della parola. Nulla era lasciato al caso, fin dal più piccolo gesto (come far denudare il petto di un uomo accusato durante un processo).
Oggi non si arriva, sui banchi di scuola o nel quotidiano, a un simile pathos, ma la coerenza non deve finire per questo alle ortiche.
Gli antichi avevano gli Aristotele e i Quintiliano, e noi abbiamo Severgnini, con il suo più rustico ed efficacie P.O.R.C.O. ovvero:
P ensa (aspetta a scrivere: prima decidi cosa dire)
O rganizza (elenca i punti da toccare = scaletta con connettivi)
R igurgita (butta fuori, senza pensarci troppo)
C orreggi (e rileggi con calma, almeno due volte); O metti (togli tutto ciò che non è necessario).
Un buon punto di partenza, no? (Praticamente la sclatetta della scaletta)
3 commenti:
Fantastico Il P.O.R.C.O!!!
io scribacchio le scalette e le idee quando vengono.A volte reggono fino alla fine della storia a volte vengono modificate...Dipende da tanti fattori...anche emotivi.Si parte con un'idea e poi si finisce con un'altra...Mai capitato?!
Baci
I gatti sono animali eccezionali. Loro sanno. Punto.
E del PORCO non si butta via niente!
A parte gli scherzi: sante parole! Peccato che io sappia sempre da dove cominciare e dove finire... la strada se la scelgono i personaggi!
Oh, che cosa carina il PORCO. Io, come ho scritto anche oggi, vado terribilmente a caso: chiarita la fine, procedo...per immagini. :)
Baci
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