venerdì 6 luglio 2007

Scorre...


Che cos'è il tempo?Se non me lo chiedi lo so;ma se invece mi chiedi che
cosa sia il tempo,non so rispondere.

da Confessiones, S. Agostino




Sabbia…


Mi è sempre piaciuta, la sabbia. Rilassa. Avvolge. Fredda, umida, quando si cammina sulla battigia. Calda, rassicurante, poco più in là. La sabbia…E’ un confine, netto come di colpo il suo colore vira dal chiaro allo scuro.

Netta.

Violenta. Dolorosa. Sottile. Precisa.

Un taglio. Uno squarcio. La sabbia…E’ strana…

Cos’è…Una volta era sasso, granito, roccia. Una volta, era fiera, forte, immobile. Una volta, si è lasciata trasportare dal vento, si è lasciata sciogliere dal sole. Una volta, era lontana e adesso riposa lì, su una spiaggia. Uguale a mille altre. Diversa da centinaia di altre.

Aspetta.

Aspetta che il mare la riprenda con sé. Aspetta che la porti via, che le faccia vedere una nuova spiaggia, un nuovo mondo. Così uguale. Così diverso. Sempre. Sempre. Sempre. In eterno. Perché adesso, lei è eterna. Lei continuerà a vagare, a scivolare fra salsedine e coralli, continuerà scorrere con la spuma del mare. Continuerà. Senza più passato. Senza più futuro.

Quando ero piccola, nella casa delle mie zie c’era una clessidra. Una scatolina che racchiudeva due piccole bocce di vetro. E la sabbia. Sabbia grigia. La giravo, e la sabbia scendeva piano, nella strozzatura sottile. La guardava cadere, granello dopo granello. La spiavo ammucchiarsi in una piccola duna che, piano piano si appuntiva sempre di più. Granello dopo granello. Sembrava una cascata intoccabile. Una cascata irreale. Di quelle che esistono solo nelle fantasie. Di quelle che popolano il mondo onirico di un bambino. Dove l’acqua è di sabbi e il mare di velluto.

Io fissavo la clessidra, fino all’ultimo granello. Fino a quando tutto si fermava. Allora, allungavo le mani e la giravo. Girava la sabbia; giravano le piccole colonnine intarsiate; giravano le belle bocce di vetro. Girava. E il gioco ricominciava. Di nuovo quella cascata grigia. Di nuovo un fruscio lievissimo. Di nuovo. Sempre.

Perché, per quante volte la clessidra venisse ruotata, avrebbe ripetuto sempre il suo compito: la sabbia sarebbe scivolata in eterno. Eterna. Come quella del mare.

A cosa serve la sabbia?...

Non c’è un unico impiego. È il diletto di un bambino;è la base per le costruzioni edili; è uno dei più antichi strumenti per misurare il tempo.

Il tempo…La sabbia è eterna, ma ogni cosa che sia riferita a lei è beffardamente finita. Labili i castelli di sabbia; labili le costruzioni dell’uomo. Labile il tempo. Perché, anche se continua a scorrere, se passa e sempre passerà, non può tornare indietro. Ed eterno è solo ciò che muta senza cambiare. Che comunque resta sempre uguale a se stesso.

Il tempo non è come la sabbia. Il tempo non è eterno. È solo infinito. È diverso. Continua a passare, ma nessun istante è uguale all’altro. Niente si ripete. Può solo accadere. Avviene, e si archivia. Nella memoria, nei libri, nel nulla. Passa, rimane e poi, lentamente sbiadisce. Ma non resta. Non si ferma. Non può. Il tempo corre, e con lui la vita.

Il tempo…Una clessidra racchiude il tempo; la sabbia centellina il tempo. Il tempo è sabbia, in una clessidra che, però, non può ruotare. Perché, indietro, non si può tornare.

La sabbia è eterna. Il tempo no. La sabbia resta sempre uguale. Il tempo continua a mutare. Eppure, entrambi scorrono. Fra le dita, nella mente, nell’acqua e nel vento.

Alla fine…alla fine resta solo una conchiglia, una stella marina, un ciottolo abbandonato sulla battigia. Alla fine, tutto diviene grigio. Come la sabbia della clessidra dei miei ricordi. Tutto scolora. Solo la sabbia resta. Solo lei. Ferma. Immobile.

Aspetta.

Aspetta che il mare la porti di nuovo via. Aspetta la pioggia per cancellare il confine fra bagnato e asciutto. Aspetta il vento per volare. Aspetta il sole per riscaldare.

Aspetta. Come ha sempre fatto. Perché, per lei, non esiste il tempo. Non esiste il prima e il dopo. Era roccia, forse sarà polvere. Intanto è. Sabbia. E basta. E raccoglie ciò che il mare le regala. I frammenti delle onde, gli scheletri della vita.

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